Dizionario Bolognese
(M-Z)
Maraglio: aggettivo sostantivato utilizzato
per identificare ragazzi/e abbastanza grezzi che si mettono in
mostra in modo vistoso e cafone. Esempio: il giovane della Bologna
bene affermerà "che gran maraglio!" indicando
platealmente il possessore della vecchia Renault 5 turbo con ruote
iperlarghe e adesivi sul genere "Turbo", "Rabbit",
"O'neill".
Masagno: oggetto di notevoli dimensioni. Esempio: il
giovane apostroferà all'amico possessore di un vecchio
modello di cellulare: "Non è ora che cacci via quel
masagno di telefono?".
Morosa: Fidanzata (Moroso = Fidanzato). "Stasera
non posso uscire con voi regaz, devo andare al cinema con la mia
morosa!"
Musta: espressione del viso, faccia. Esempio: "Soccia,
ma che cassa (vedi) hai preso ieri sera? Stamattina hai una musta
che non si affronta (vedi)!". Termini correlati: Malmusta.
Cioè quando sei giù di morale e hai una faccia malmustosa.
Noce: sta a significare pugno. "Oh, ti caccio
una noce, eh!" esclamerà il bolognese inveendo contro
l'ennesimo "extra" che cerca di pulirgli il vetro al
semaforo.
Non c'è pezza: locuzione ermetica che affonda le
radici ai tempi di vacche magre in cui le pezze potevano sancire
la salvezza di un capo di abbigliamento ormai logoro. Quando "non
c'è pezza" significa che non c'è modo di recuperare
lo strappo. Esempio: "Devo mettermi a dieta, non c'è
pezza!" esclamerà, non senza una nota di tristezza,
il giovane imbolsito da vagonate di tigelle e crescentine.
Non si affronta: locuzione atta ad indicare situazioni
o immagini al limite della gestibilità o comunque sgradevoli
a qualunque dei cinque sensi. Esempio (vedi esempio precedente):
"Hai ragione, non ti si affronta!", risponderà
l'amico).
Non volerne (più) mezza: essere saturo
di una cosa al punto di non volerne nemmeno più sentire
parlare. Appare evidente il superiore impatto emozionale della
locuzione felsinea al confronto del ben più prolisso ed
inefficace corrispondente italiano. Esempio: "Come mai hai
mollato la tipa?", "Perché non ne volevo più
mezza, mi aveva fatto scendere la catena (vedi)!".
Paglia: sigaretta. Esempio: tipica l'espressione del
galantuomo bolognese il quale, dopo avere sorseggiato il quinto
mohito, si rivolge legantemente al tavolo accanto al proprio biascicando:
"Oh, rega, avete una paglia?".
Paglione: gran quantità di gente rumorosa.
Termine in genere riferito a feste o locali. Esempio: "Soccia
che paglione che c'è in sto locale!". Termini correlati:
Bordello. Esempio: "c'è troppo bordello in questo
locale, andiamo da un'altra parte!".
Panno: coperta (del letto). Esempio: viene chiamato
a gran voce dal galantuomo bolognese al sopraggiungere dei primi
freddi apostrofando così la signora: "Oh, Cesira,
tira fuori il panno!".
Para: abbreviazione del termine "paranoia".
Esempio: "Lo so che non dovrei mettermi tutte ste pare, ma
non ci riesco!".
Penna: termine che viene usato per indicare un bell'esemplare
di genere femminile. "Oh regaz, quella tipa lì è
una gran penna".
Pezza: (da cui il verbo "impezzare"): uso
della dialettica per chiudere all'angolo un altro individuo contro
la sua volontà. Esempio: l'individuo, dopo alcune ore sbotterà
"Soccia oh, mi stai tirando una pezza allucinante! Non ti
si affronta più (vedi)! Bona lè (vedi)!". Termini
correlati: tomella, intomellare.
Piccaglio: anche in questo caso la doppia "C"
viene rimossa per una corretta pronuncia petroniana. Il termine
ha molteplici significati: può essere impiegato per indicare
la sicura che si abbassa per chiudere la portiera nella macchina,
oppure più generalmente un qualsiasi oggetto sporgente
che non abbia un particolare nome. Può essere usato anche
per indicare un personaggio di cui si ha scarsa considerazione
oppure uno sbruffone, in questi caso ha la stessa valenza di BAGAGLIO.
Piomba: stato comatoso spesso dovuto all'azione di agenti
esterni come droghe o alcool, ma che può essere usato per
indicare anche uno stato vegetale conseguenza di abbondanti libagioni
(è classica la "piomba post-pranzo").
Pilla: soldi, denaro. Esempio: sostantivo generalmente
utilizzato per sottolineare le capacità economiche famigliari
che permettono al vitellone di sfilare di fronte al locale sull'ultima
spider in compagnia della gnocca di turno "Soccia che ferro
(vedi)! Luilì si che ha della gran pilla!". Termini
correlati: fresca.
Pluma (avere della
): essere tirchio, taccagno.
Tipica espressione bolognese di antiche origini usata per definire
non solo chi non vuole mai spendere soldi, ma anche chi non li
possiede. Esempio: il giovane irritato dall'amico "plumone":
"Oh, ma che pluma c'hai!? Non vuoi entrare nel locale perché
c'è la consumazione obbligatoria?". Termini correlati:
rana.
Polleggio: (da cui il verbo polleggiarsi): riposo,
tranquillità, stare calmi. Esempio: stasera non ho voglia
di uscire, voglio stare in polleggio" dirà il giovane
bolognese all'amico che gli chiederà cosa fare la sera.
Viene utilizzata spesso la forma imperativa del verbo in tono
intimidatorio per raffreddare i bollori del maraglio (vedi) di
turno che spinge per non fare la coda all'ingresso della disco:
"Oh, polleggiati subito!".
Polo: vedi zanio.
Prillare: sta a significare il termine "girare".
Se state usando un arnese dal lato sbagliato, il felisneo accorto
vi dirà: "Se vuoi che funzioni lo devi prillare dall'altra
parte"
Prillone: a differenza di quanto sopra, il prillone
indica un mancamento dei sensi, uno svenimento. Dopo aver bevuto
una serie di GinTonic e Coca-Rum al bolognese doc potrà
uscire solo una frase del tipo: "Soccia, dopo il quarto mi
son dovuto fermare perchè mi è venuto un prillone
che a momenti rimango lì!"
Rana: vedi pluma.
Randa (o randanello): unità di misura della
velocità. Indica la possibilità, per un mezzo di
locomozione, di raggiungere velocità smodate. "Oh
regaz, il mio nuovo FERRO va a randa!"
Regaz: letto fino ad ora, è una contrazione
della parola "ragazzi". Usato in maniera confidenziale
dal giovane petroniano per salutare la sua balotta di amici. "Oh,
Bella regaz, siete a posto?".
Riga: vedi Bona lè.
Rimastanza: sostantivo derivato dalla situazione
dell'"esserci rimasti": definisce lo stato mentale precario
di quelle tipologie di persone che possiedono strani comportamenti
e che comunque si differiscono dalle normali abitudini o modi
di vivere. Può anche definire uno stato momentaneo nel
quale un individuo può avere una mancanza mnemonica o un'abitudine
comportamentale singolare. Esempio: "Ehi, ti sei dimenticato
un'altra volta di portarti dietro il libro? Ma che rimastanza
c'hai?". Esempio: "Luilà deve esserci rimasto!
Guarda con che musta (vedi) e che vestiti va in giro!".
Rusco: pattume, spazzatura. Esempio: "Cacciala
nel rusco!" si sentirà dire l'omarino giunto al passo
della Raticosa con mezz'oretta di ritardo rispetto agli altri
amici dotati di moto ben più moderne e prestazionali.
Rusco e brusco: si dice quando qualcuno dice il bello
e il brutto di una vicenda, cioe' non nasconde nulla di un fatto.
"Ieri sono andata dal mio capo e gli ho detto il rusco e
brusco di cosa non va in quell'ufficio". Oppure pùò
indicare un individuo che si adatta a qualsiasi condizione gli
capiti davanti: "Oh regaz, sono in astinenza da troppo tempo,
stasera pur di far qualcosa tiro sù il rusco e brusco".
Sabadone: elemento fisico che, generalmente,
popola la provincia felsinea, perennemente fuori dalle mode e
dal tempo, un pò ciondolante e dai modi goffi e impacciati,
tendenzialmente alienato dalla società che lo circonda.
Sacagnare (o zacagnare): colpire violentemente,
fare male. Esempio: "Ieri durante la partita di calcetto
ho preso una pallonata che mi ha sacagnato la borsa!".
Sbagiuzza: termine che viene usato per indicare
una cosa da poco, dal valore molto scarso. Robetta da niente.
Sbarbino o sbarbo: ragazzo/a di piccola
di età, in genere dai 12 ai 19 anni. Esempio: "Quella
disco il sabato sera è frequentata solo da sbarbi!"
affermerà convinto il trentenne bolognese agli amici, sconsigliando
di frequentare locali con gente troppo giovane.
Sbobba: minestra, pietanza dall'aspetto poco invitante
simile agli omogeneizzati per bambini. Esempio: l'operaio medio
bolognese commenterà ai colleghi al ritorno in reparto:
"Oggi in mensa ci hanno dato una sbobba che non si affrontava
(vedi)!".
Sboccare: vedi stracciare.
Sbocciare: verbo che definisce l'improvvisa quanto
inaspettata azione verbale o fisica da parte di una persona nei
confronti di chi gli sta intorno. Esempio: il giovane incartolato
(vedi) parla all'amico dell'episodio capitatogli la sera prima
in un pub: "Ero lì in polleggio (vedi) che parlavo
con la morosa, quando questa tipa che ti dicevo sbuca all'improvviso
e sboccia dicendomi che si è innamorata di me!".
Sborone: esibizionista, personaggio che si fa notare
rumorosamente, privo del benché minimo senso di misura,
tatto ed eleganza. La diffusione del malcostume nazional-popolare
di stampo catodico tipico di questo periodo storico ci offre continui
esempi di "sboroni" che spaziano dagli ostentatori di
status simbol (auto, moto, abiti griffati, accessoristica elettronica
di vario genere) accomunati dalla caratteristica di avere elevati
prezzi senza possederne corrispondenti contenuti, ai più
classici autocelebratori di prestazioni sportive, sessuali nonché
spacciatori di falsissime amicizie altolocate.
Sbrindellare: letteralmente "fare a brandelli".
Sbrozzo (di
): gran quantità di
,
marea di
Non rara è l'espressione negli ambienti
bolognesi "c'è un sbrozzo di gente".
Scancherare: imprecare, mandare un accidente a
qualcuno, manifestare, in maniera accesa, il proprio disappunto
nei confronti di qualcuno o qualcosa. "Oh regaz, ieri ho
provato a IMPEZZARE una tipa, ma questa NON NE VOLEVA MEZZA e
mi ha scancherato dietro".
Scendere la catena: tipica espressione che comunica il
disarmo finale nei confronti di qualsivoglia evento al punto da
non "volerne più mezza". Esempio: le due espressioni
si rafforzano spesso in un confronto sintattico che porta il giovane
ingegnere alla settima ora di scritto dell'esame di stato ad affermare:
"Bona lè, riga! Mi è scesa la catena! Non ne
voglio più mezza!". Esempio: il giovane che continua
a subire le ripetute lamentele da parte della classica morosa
stressante sbotterà: "Non ne posso più! Mi
hai fatto scendere la catena!".
Sdozzo: aggettivo che definisce persona o cosa di scarso
valore, soprattutto dal punto di vista estetico. Esempio: "
non
ricordo come si chiama, ma so che sta insieme ad una tipa sdozza
",
"Come si chiama quel posto sdozzo dove siamo stati l'altra
sera?", "compra una moto nuova a caccia via quello sdozzo!".
Sfatto: rotto, disfatto, ma anche distrutto dalla fatica,
dal troppo lavoro o dal sonno. Esempio: "ho lavorato come
un matto e adesso sono sfatto!".
Sfrombolare: gettare via, lanciare. Verbo che ben
descrive gesti plateali e definitivi volti all'eliminazione fisica
di qualsiasi oggetto divenuto inutile o comunque sgradito. Esempio:
"Soccia che stereo!" dirà il felsineo appena
saggiata la potenza sonora dell'ultimissimo ritrovato acustico
situato in camera dell'amico "...e cosa ne hai fatto di quello
vecchio?", "L'ho sfrombolato giù dalla finestra!".
Sgargiolino \ sgaragino: definizione simile
a quella di "sborone" (vedi) e "califfo" (vedi).
Esempio: "Con sto freddo, luilà fa lo sgargiolino
e va in giro in maniche corte!".
Sghetto (andare di): espressione volta all'identificazione
di contesti fortunosi che hanno consentito il concretizzarsi di
eventi altrimenti improbabili. Esempio: tipico l'incipit dello
studente universitario nullafacente che, all'ingresso dell'aula
dove si tiene l'esame, con la fiata ancora turbata dall'alcool
ingerito la notte precedente esclama: "Oh raga, se passo
questa mi va fatta di sghetto!".
Sgodevole: stato fisico mentale tipico di una
donna durante la comparsa delle sue cose, ma può essere
usato anche al maschile per indicare un personaggio che NON SI
AFFRONTA. "Lui lì oggi è proprio sgodevole!"
Simitoni: Modo di dire ormai solo per veri intenditori.
Usato principalmente dalle nonne durante pranzi con abbondanti
libagioni. Al terzo piatto di tagliatelle il giovane bolognese
comincerà a chiedere pietà alla nonna e la stessa
lo apostroferà così: "Ma dai mangia ancora,
non stare a far dei simitoni".
Slumare: verbo atto ad indicare un gioco di sguardi fra
due persone che non si conoscono, ma che all'apparenza si guardano
con interesse. Esempio: il giovanotto bolognese in disco col suo
amico potrà così constatare la piacevole situazione:
"Oh, hai visto, quelle due tipe? Secondo me slumano! Perché
non le impezziamo (vedi)?".
Slungare: Passare, allungare, dare.. si dice
per farsi fare un favore subito.. "Oh, mi slunghi il giornale
solo un attimo che leggo l'oroscopo?"
Smataflone: ceffone, manrovescio. Celebre la frase
della nonna: "Oh cinno, se non la smetti di fare il tuo numero
ti caccio uno smataflone che ti attacco al muro".
Soccia: uno dei termini più utilizzati dal popolo
bolognese. Anche se è la traduzione dall'italiano "succhia"
è da sempre un'affermazione intercalare o accrescitiva
per qualsiasi esclamazione. Esempio: "Soccia che due maroni
che fai venire!", "Soccia com'è buono sto panino!".
Termini correlati: Sochmel (molto più dialettale).
Solfanaio: rigattiere, robivecchi. Termine che
deriva dalla "solfa" petulante e ripetitiva col quale
il rigattiere faceva sentire la sua presenza per le strade, del
tipo "Donne è arrivato l'arrotino!". Il termine
si usa per indicare un qualsiasi attrezzo che sia da eliminare
per inutilità: "Regaz, oggi mi è cioccato il
frigo, è meglio se lo porto dal solfanaio".
Spanizzo: persona che si fa notare, che non
si tira indietro, che osa in maniera evidente ma comunque degna
di ammirazione. Tipico esempio di spanizzo è colui che
non ha problemi ad offrire da bere a tutti per restare comunque
al centro dell'attenzione. L'immagine, per quanto possa sembrare
somigliante ad una prima lettura superficiale, differisce sensibilmente
da quella dello "sborone" in quanto non comprende l'accezione
negativa caratteristica di quest'ultimo.
Squasso: unità di misura non precisamente definita,
molto simile a SBROZZO. Da usare assolutamente in casi in cui
si debba gentilmente mandare a quel paese qualcuno: "Oh tipo,
vai mò a fare uno squasso di pugnette!" oppure può
indicare un temporale improvviso: "Soccia, dopo cinque minuti
è venuto giù uno squasso della madonna!"
Squizzare: letteralmente "schiacciare".
Il termine va però associato ad azioni specifiche, quelle
in cui c'è una precisa fuoriuscita di liquido ad esempio
"Oh regaz, ieri son stato al Mac, mi sono taffiato un tot
di patate e ci ho squizzato sopra un tubo di maionese!"
Stracciare: vomitare. Il giovane felsineo che,
come al solito, avrà esagerato coi cubalibre e i gin lemon
si ritroverà fuori del locale a "stracciare"
magari di fianco ai bidoni del rusco (vedi). Termini correlati:
sboccare.
Sverzura: stato mentale che comporta una particolare
carica o spinta a compiere determinate azioni. La "sverzura"
in campo sessuale è un classico, ma può essere associato
ad una giornata particolarmente dinamica: "Oggi sono in sverzura,
vado via come un treno"
Tabàna: aria irrespirabile, puzzolente o malsana.
Esempio: "Dentro quel locale là tra fumo e sudore
c'era una tabàna inaffrontabile!".
Taffiare (da cui il sostantivo taffio): mangiare,
cibo. Esempio: il giovanotto appurerà dopo l'uscita dal
ristorante dove avrà abusato di crescentine e tigelle:
"Soccia, stasera ho taffiato a dei livelli esagerati!".
Oppure l'amico plumone (vedi "pluma") che chiede informazioni
sulla festa serale più dettagliate in modo da organizzarsi
per evitare di cenare a casa: "Oltre al bere sai se stasera
c'è anche del taffio?".
Tamugno (o tamunio): aggettivo probabilmente di origine
dialettale che accentua e rafforza in maniera decisa le caratteristiche
del sostantivo in questione. Esempio: il galantuomo riferirà
all'amata al termine della cena al ristorante indiano: "Soccia,
comunque sto maiale al curry deve essere veramente tamugno da
digerire!".
Telaio: fisico, corporatura. In genere riferito alle
ragazze, ne definisce l'insieme delle forme fisiche escludendone
il viso. Esempio: l'arrapato giovane bolognese commenterà
con l'amico al passaggio di una ragazza conosciuta: "Leilà
in faccia fa schifo, ma c'ha veramente un gran telaio!".
Telare: andare via immediatamente, abbandonare un luogo.
Verbo in genere usato nei contesti dove una o più persone
devono abbandonare una situazione disagevole e scomoda. Esempio:
"Guarda che facce, secondo me è meglio telare da sto
posto!" dirà all'amico l'ignaro personaggio entrato
per sbaglio in un bar di periferia frequentato da ex-galeotti.
Tiro: è l'azione di schiacciare il bottone
che apre il portone del palazzo. Esempio: quando il gentiluomo
bolognese si troverà ai piedi del condominio dell'amata
suonerà il campanello pronunciando la frase: "Ciao,
sono io, mi dai il tiro?".
Usta: termine impiegabile in situazioni difficili,
in cui ci sia bisogno di usare intelligenza, oppure astuzia. "Oh
regaz, quel meccanico lì ha dell'usta: in due minuti mi
ha riparato il mio ferro che non ne voleva sapere mezza di ripartire!".
Và mo là: frase detta come una singola parola
(Vàmolà) e che viene introdotta in esclamazioni
di constatazione, sia per rafforzare una frase da parte di chi
la dice che per ribattere in approvazione da parte dell'interlocutore:
"Ho fatto Bologna-Milano in 40 minuti da casello a casello,
và mo là!"
Tomella: sostantivo derivato dal verbo "intomellare":
riversare fiumi di parole sul prossimo cercando di convincerlo
delle cose più disparate. Esempio: "Cioé, mi
hai tirato una tomella assurda, mollami!" dirà elegantemente
il personaggio di classe alla pretendente fanciulla affascinata
da tanto potere e denaro. Termini correlati: pezza, impezzare.
Zagnare: rompere, infastidire. Forma verbale tipicamente
utilizzata nella più ampia locuzione "zagnare i maroni"
dove l'azione si eleva ad una forma catartica ed universale che
colpisce inevitabilmente le parti più intime e sensibili
della corporalità maschile.
Zanetta: bastone massiccio e ricurvo nella parte superiore
usato dalle persone anziane per sorreggersi. Veniva intarsiato
e decorato per renderlo più pregiato. Arnese che può
venire impiegato come termine di minaccia: "Cosa vuoi te?
50 euro? Te li do giù per la zanetta 50 euro!"
Zanio (o zagno): freddo. Esempio: la ragazza infreddolita
esclamerà durante una giornata del severo inverno bolognese:
"Oggi è veramente un gran zanio!". Termini correlati:
polo.
Zavaglio: vedi bagaglio.
Zdoura: letteralmente "reggitora o reggitrice".
Il termine stava ad indicare, negli anni che furono, la classica
donna/padrona di casa factotum della famiglia patriarcale. Ora
la zdoura ha il significato più generico di donna un po'
attempata, magari una di quelle che ancora piega (a mano) i tortellini
alla festa dell'unità, oppure, quelle piene di paillettes,
che si trovano nelle balere di liscio.
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